Quante volte fatichiamo a dire di no?
In effetti dire un no a volte può essere difficile da mandar giù almeno quanto riceverlo. Eppure sia noi che l’altro abbiamo totale diritto di formulare un’affermazione negativa. A lavoro, a casa, in famiglia e in coppia, il no prima poi arriva. Ed è lì che salta fuori la nostra capacità o meno di dirlo e/o digerirlo. Dire di no permette di mettere in luce i propri bisogni e proteggere i valori personali, comunicando all'altro che abbiamo esigenze che meritano di essere rispettate. Un no è solo un’opinione, niente di più ma neppure tanto di meno. Un rifiuto è un confine tra noi e l’altro che fornisce informazioni importanti a noi stessi, all'altro e alla coppia in generale circa i nostri bisogni e aspettative, al pari di una bussola. Non si tratta di una condizione assoluta ma solo di un momento, non una rappresentazione permanente del confine tra noi e l’altro. Molto spesso però dire di no appare difficile, soprattutto se detto all'interno di una relazione per noi significativa come nel caso di una persona che temiamo o amiamo, insomma qualcuno la cui idea di noi, il giudizio, ci sta a cuore. Temiamo che quel no ci allontani, ci renda meno amabile agli occhi dell’altro, come se si trattasse appunto di una condizione irreversibile. Ecco allora che per pura compiacenza, bisbigliamo un sì che ci allontana da noi stessi, dai nostri reali bisogni. Paghiamo spesso le conseguenze di questi processi irrazionali di pensiero che ci inducono ad assolutizzare le situazioni, vedendo o tutto bianco o tutto nero. “Mi ama, non mi ama”, “Piaccio, non piaccio” “Disponibile, indisponibile”. Poter dire un no, corrisponde invece a capire che gli altri possono riconoscerci per quello che siamo anche se non si è d’accordo con loro. Solo se assolutizzato, il no può provocare una ferita narcisistica quando è detto o ricevuto, poiché i sentimenti possono essere disattesi o non compresi. Come se manifestarsi nella propria autenticità fosse una sfida o un attacco all'altro, quando invece basterebbe relativizzare: contestualizzare il no, dando senso alla situazione e alle motivazioni che ci hanno indotto a dirlo. Attraversare quel momento è l’unica strada percorribile verso l’autenticità. Impariamo a stare nei momenti. Impariamo a chiedere all’altro, iniziamo a chiedere informazioni additive quando abbiamo qualche perplessità, l’altro ci risponderà. Non accontentiamoci dei perché, valutiamo anche il come avvengono le cose. Sarà forse più facile accettare di dire di no, dando valore a se stessi e alle proprie esperienze. Ecco alcuni suggerimenti: 1. Essere semplici e diretti nel dare una risposta: “Ti ringrazio, ma non posso”. “Grazie, ma non riesco”. 2. Motivare la risposta riferendosi a circostanze esterne: “No, grazie. Ho preso un altro impegno”. “Mi dispiace, ma avevo promesso a mio figlio di passare del tempo con lui”. 3. Essere convincente, ma educato: “Preferisco rifiutare, mi spiace” “No, grazie”. In sostanza, bisogna: 1. Allenarsi nel provare a dire di no per non rimanere senza parole nel caso si presentasse questa evenienza. 2. Costruire delle frasi pronte del tipo: “Ci penserò” da utilizzare all’occorrenza. 3. Rimandare una risposta aumenta la possibilità di dire no. 4. Addolcire il tono della voce per far sì che il no detto non offenda troppo le persone. Non aver paura di non piacere, scegli te, e ricorda: i no aiutano a crescere, facendo evolvere anche chi ti sta intorno.
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A cura della Dottoressa
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