Da sempre teorie e modelli della clinica dell’ansia nel bambino si interrogano se in età evolutiva l’angoscia sia un sintomo oppure una condizione di sviluppo e dunque fisiologica; e se l’ansia, ancora più nel dettaglio l’angoscia, sia un sintomo, di che cosa è sintomatica? Di un’alterazione neurochimica? Di un bisogno primario insoddisfatto? Di una pulsione inappagata come la definirebbero gli autori psicoanalitici? Di una minaccia esterna o, perché no, interna al soggetto?
Tradizionalmente si distinguono : -l’ansia: sentimento, o affetto penoso di attesa, di anticipazione di un evento imminente difficilmente controllabile che induce un’attivazione fisiologica (arousal), e provoca incremento della frequenza cardiaca, respiratoria, della sudorazione e di tutti gli organi sottoposti al controllo del sistema autonomico ; -l’angoscia: sensazione di estremo malessere, accompagnata da manifestazioni somatiche (neurovegetative e/o viscerali); -la paura: legata ad un oggetto, ad una precisa situazione ricollegabile sia ad un fatto dell’esperienza, sia ad un evento nell’educazione. In sostanza, un gradiente continuo collega l’ansia, l’angoscia e la paura, laddove si passa da uno stato che sarebbe di pertinenza fisiologica (reazione da stress) ad una progressiva, via via maggiore, mentalizzazione della condotta. L’ansia è un’esperienza umana universale: impossibile da eliminare del tutto ed inoltre, in molte circostanze, sana. Da un punto di vista clinico, l’ansia non può dunque essere sempre inquadrata come un disturbo . In primo luogo, non lo può essere se gli stimoli che la determinano sono oggettivamente pericolosi. In questo caso, l’ansia è un comportamento adattivo, utile a generare uno stato di allerta che rende più facile affrontare un pericolo. Prima di etichettare come patologica una risposta d’ansia, è infatti necessario che essa interferisca negativamente nella nostra vita quotidiana; mentre il secondo criterio per poter definire l’ansia un disturbo psicopatologico è quello della produzione di significativi disadattamenti, nonostante ciò questo sia fortemente influenzato dall’ambiente in cui una persona vive. A tal proposito, nei bambini e negli adolescenti dai cinque ai sedici anni sono molto frequenti le paure specifiche, in particolare degli animali, del sangue/iniezioni, del buio. Tuttavia, di questi solo l’1% può ricevere una diagnosi completa di fobia specifica sulla base dei criteri internazionali del DSM-IV-TR o dell’ICD-10, soprattutto perché spesso non interferiscono in modo significativo con la vita e non provocano disagio significativo. Gli Autori di un interessante studio sull’argomento sottolineano che alcune paure specifiche sono in parte correlate con l’appartenenza ad un gruppo etnico e mediate culturalmente da credenze, valori e tradizioni del gruppo . Ai due criteri generali sopra decritti, ne devono essere aggiunti altre due specifici per l’età evolutiva: nel bambino, lo studio dei fenomeni legati all’ansia è reso particolarmente complesso dal fatto che molte paure, come si è già avuto modo di osservare, sono frequentissime e normali in alcune fasi dello sviluppo. In secondo luogo, in età evolutiva, contrariamente all’adulto, l’ansia non può essere chiaramente percepita e verbalizzata. Sarà compito del clinico esplorare con attenzione i comportamenti del bambino, soprattutto se piccolo, che possono far sospettare l’esistenza di un problema d’ansia.
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A cura della Dottoressa
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