Dr.ssa SIMONA CORVINO
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La relazione psicoterapeuta-paziente e il suo potere trasformativo

5/30/2017

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La relazione terapeutica, ovvero quello che Donald Meltzer ha definito “gruppo di lavoro a due” (Meltzer, 1986) può essere analizzata, interpretata, vissuta o utilizzata, ma non può essere ignorata dal terapeuta, indipendentemente dall’orientamento prescelto, perché l’osservazione, la conoscenza, la valutazione diagnostica, gli interventi terapeutici e la misurazione della loro efficacia passano tutti attraverso il rapporto tra terapeuta e paziente, e ne assumono inevitabilmente le straordinarie proprietà. A tal proposito, la psicoanalista Paula Heimann (1970) sottolinea come nell’incontro, in condizioni di misterioso ed alchemico contatto reciproco, possa svilupparsi una “combustione transferale”, una sorta cioè di “impasto di inconsci” tra terapeuta e paziente, laddove ciascuno porta i propri elementi transferali, nuovi alla relazione appena accesa.
 In tale ottica, non è raro che l’incontro possa essere produttivo per entrambi.
Al di là degli approcci psicoterapici, tale posizione è diffusamente presente nel mondo della Psicoterapia, seppur con linguaggi differenti. La tesi fondamentale dell’intersoggettività in Liotti (1994/2005), vale a dire l’impossibilità di esaminare l’esperienza soggettiva al di fuori della continua condivisione di essa con l’esperienza delle altre persone, incluso lo psicoterapeuta, è ampiamente rappresentata nell’ambito del cognitivismo clinico. Le stesse neuroscienze sostengono oggi l’idea che la coscienza sia un fenomeno intrinsecamente relazionale, emergente continuamente dalla comunicazione fra il cervello individuale e il mondo, piuttosto che una proprietà privata del cervello individuale considerato in isolamento dal resto del corpo e del mondo.
A tal proposito, comprendere la centralità della relazione nella clinica dello sviluppo, dell’adolescenza e dell’età adulta, fa nascere l’esigenza di delineare programmi psicoterapeutici d’intervento flessibili e ben integrati, originati da una buona concettualizzazione della sofferenza, lasciando lo giusto spazio all’ascolto e alla consultazione terapeutica, al fine di una prognosi più favorevole.
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    A cura della Dottoressa
    ​Simona Corvino

    Psicologa-Psicoterapeuta

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