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La Scelta del Partner e gli Stili di attaccamento madre-bambino

3/5/2019

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Cosa si nasconde dietro la scelta del partner? È proprio vero che l’amore romantico, quello che si legge nei romanzi e si vede nei film, non esiste? Perché i legami di coppia sono pieni di passione nelle fasi iniziali, per poi affievolirsi col passare del tempo?
L’etologia ci ha ben mostrato come siamo portati a scegliere qualcuno che somigli ai nostri fratelli, alle nostre sorelle, ai compagni di giochi della nostra infanzia. Cerchiamo, senza rendercene conto, qualcuno che ci sia familiare. Questa tendenza a base innata fa sì che si evitino unioni tra individui incompatibili e che vengano trasmesse, attraverso l’accoppiamento, le caratteristiche genetiche del proprio gruppo di appartenenza. Nella scelta della partner, per i maschi la giovinezza indica la possibilità di concepire per tempi lunghi, segnala fertilità, capacità di portare avanti una gravidanza. La bellezza analogamente è indicatore di salute, sintomo che si è in grado di fornire un pool di geni privi di anomalie da trasmettere alla progenie. Una donna, di contro, cercherà di instaurare relazioni sentimentali stabili, evitando avventure puramente sessuali, ponendo ostacoli alla predisposizione dei maschi ad essere promiscui e limitare gli incontri sessuali ad uomini che possiedono risorse economiche ed affettive da condividere con lei e con l’eventuale prole. Lo stesso corteggiamento serve a testare la congruenza tra le caratteristiche del potenziale partner e quelle che filogeneticamente sono proprie dell’uomo e/o della donna ricercati (Attili,2007).
Se alcuni romantici spiegano l’incontro tra due persone come il frutto del caso, Bowlby, padre della teoria dell’attaccamento, pensa che il formarsi di una coppia poggi sulle capacità del coniuge di confermare le rappresentazioni che sono state costruite su di sé e sugli altri fin dalla prima infanzia. “Omeostasi rappresentativa” è l’espressione che Bowlby utilizza per spiegare come dietro alla scelta del partner, o più in generale, quando ci si lega a qualcuno, ci sia un’attiva operazione della nostra mente affinché tale scelta, apparentemente frutto del “fato” o di una “irrefrenabile passione”, non faccia vacillare il sistema di rappresentazioni già ben saldo in noi, il nostro bagaglio di modelli relazionali ben organizzati in schemi fin dall’infanzia, prodotto delle prime interazioni significative con chi si è occupato di noi.
Rodolfo è stato allevato da una madre ben in grado di riconoscere le richieste del piccolo e pronta a soddisfare i suoi bisogni. In lui si forma presto la rappresentazione mentale di una madre come di qualcuno di cui fidarsi e di sé come di una persona degna di amore. Rodolfo si innamora di Mimì: sa che se sta male potrà esprimere quello che prova e il loro rapporto potrà avere alti e bassi, ma questo non esclude che il loro amore possa raggiungere di nuovo l’intensità provata un tempo. Quest’amore è frutto di un attaccamento sicuro.
Otello ha avuto una madre imprevedibile che non sempre accorreva quando il suo bambino piangeva. Sua madre a volte era assente, altre volte iper- protettiva, coercitiva, intrusiva.  Il piccolo cresce con il timore che la madre non risponda ai suoi richiami ed impara ad esasperare le sue reazioni, le esagera. Prova per lei una rabbia disfunzionale, la ama e la odia. Da adulto Otello avrà più storie d’amore, innamorandosi di persone che si dimostrano disponibili alternativamente, lasciandosi trascinare da sentimenti intensi e travolgenti di passione, confusione, possessione e intrusione, ma il suo amore non supera mai la fase dell’innamoramento e teme che l’altro sia ostile. Otello agisce inconsciamente in modo da confermare la sua aspettativa in una autoprofezia che si autoavvera ogni volta. Non a caso il suo modello dell’attaccamento viene detto ambivalente/invischiato.
Quando Giovanni era piccolo e si faceva male, la madre rifiutava di confortarlo o lo ridicolizzava.  L’immagine di sé che si è costruito è di un soggetto non degno di amore, che deve contare su di sé, autonomo, almeno in apparenza. Con il tempo il piccolo inizia a negare i suoi bisogni di conforto e da adulto la sua strategia di sopravvivenza si basa sul non coinvolgimento affettivo e sul non mostrare sentimenti ed emozioni, soprattutto quelli legati allo sconforto e all’ansia. Sceglie come partner persone simili a lui, che non pongono richieste affettive che non sarebbe in grado di soddisfare e che non richiedono un’intimità che lo porrebbe in imbarazzo. Altre volte sceglie partner ambivalenti, perché queste sanno farsi carico del mantenimento della relazione. Questo attaccamento è detto evitante/distanziante.
Quando si ha un legame infelice, è probabile entrare in conflitto. Ci si sente in pericolo, ed è proprio in quel momento che si attiva il nostro sistema di attaccamento, quel piccolo termostato che porta alla messa in atto di comportamenti e di richieste volte a ripristinare il nostro senso di sicurezza.
 
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    A cura della Dottoressa
    ​Simona Corvino

    Psicologa-Psicoterapeuta

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